Intervista con l'architetta Maria Pina Usai, mentre termina la manifestazione
di Marco Olivieri, riprese e montaggio di Matteo Arrigo
MESSINA E REGGIO CALABRIA – “Entrare nei territori con modalità innovative. Cambiarli attraverso l’arte e la cultura con un approccio che mette insieme pensieri e discipline diversi, mettendosi in dialogo con le comunità. Il tutto riuscendo a scoprire ciò che di solito rimane nascosto dietro il marketing, ad esempio”. Con queste parole, l’architetta Maria Pina Usai (Università di Cagliari) ha raccontato la propria esperienza in Liguria e Sardegna, facendo emergere il senso più profondo della Biennale dello Stretto – Le tre linee d’acqua, che ora si chiude.
Sottolineano gli organizzatori della manifestazione in programma a Messina e Reggio Calabria: “In 80 giorni, dal 30 settembre al 18 dicembre, oltre 10mila persone hanno visitato la prima Mostra internazionale di Arte, Architettura, Paesaggio, Scrittura Video e Fotografia dello Stretto curata dall’architetto Alfonso Femia e dalla professoressa Francesca Moraci. E ben 42 talk si sono svolti in 9 giorni, distribuiti tra Reggio Calabria, Campo Calabro e Messina, con 170 talker e 12 lecture”.
E ancora: “Indagando luoghi, architettura, arte, cultura materiale e immateriale, la scommessa vinta è stata quella di dimostrare che lo Stretto e il Mediterraneo sono attrattori e insieme propulsori di esperienze e innovazione e che, a pieno titolo, possiedono tutte le potenzialità di connessione e di sviluppo per il prossimo futuro”,