«Non mi vergogno a dire che sono disperato». Dopo la protesta delle palestre di Messina, siamo andati a vedere perché non vogliono rassegnarsi
Ieri la protesta spontanea. Davanti la palestra Opiumfitness, sulla strada statale 114 a Messina, Francesco D’Angelo aveva deciso di protestare per portare in strada tutta l’angoscia e la disperazione di chi si è ritrovato a chiudere attività e progetti con l’ultimo Dpcm del presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Alla sua protesta si sono uniti in tanti. Istruttori, insegnanti, gestori di palestre, associazioni sportive. Un mondo di lavoratori in tuta che, dopo il primo lockdown, adesso non sa davvero se sopravviverà.
Hanno speso tanti soldi per adeguare le palestre, per renderle sicure. Hanno creato app per le prenotazioni, elenchi, percorsi protetti, hanno messo gel igienizzanti in ogni angolo, hanno ridotto i numeri, hanno seguito indicazioni, linee guida, protocolli. Ci hanno creduto, insomma. E adesso si sentono invisibili, ignorati, dimenticati.
Francesco ci ha portato all’interno della sua palestra. Ci ha fatto vedere che sarebbe possibile allenarsi senza rischi. Ma il Governo ha deciso che almeno fino al 24 novembre loro devono rimanere chiusi. Francesco è un soggetto immunodepresso, è lui a rischiare in prima persona con il Covid, non avrebbe mai permesso che la sua palestra non fosse sicura. Ha 60 anni, una famiglia, due figlie che lavorano con lui e a cui adesso teme di non poter più dare tutto ciò di cui hanno bisogno.
Il provvedimento va considerato nel suo complesso e non ha molto senso misurarlo ogni volta con ogni singolo caso possibile che possa presentarsi sul territorio nazionale.
Chi si appella ai controlli sa bene che quanto formalmente richiesto è nella pratica impossibile da praticare.
Impossibile controllare bar palestre e tutte le altre attività coinvolte.
Giusto protestare per i ritardi nei rimborsi, non lo è però la pretesa di rimanere aperti perchè oltre ai malati di covid esistono già migliaia di prestazioni (si pensi alle visite di controllo oncologiche per esempio) di prevenzione e non solo che sono state fatte slittare.
Gli strascichi della mancata prevenzione e anche degli interventi che sono stati rinviati e rischiano di esserlo ancora, avranno conseguenze negli anni a venire su migliaia di persone.
O osserviamo il problema dal punti di vista della collettività, oppure diverrà solo una guerra tra disperati.
Non sempre la colpa è di qualcuno, a volte gli eventi travolgono le società e basta.