Nomi, video e dettagli del blitz della Gdf tra il messinese e Calatabiano. Tutti pagavano il pizzo ma l'omertà regnava
Il clan Brunetto di Catania ha saldamente in mano gli affari criminali nella zona jonica del messinese. La conferma arriva dal blitz della Guardia di Finanza e la Dda di Catania stamani e denominata Tuppetturu, con 24 arresti tra il messinese e il catanese appunto
Associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione aggravata dal metodo mafioso, traffico organizzato di sostanze stupefacenti, trasferimento fraudolento di valori e detenzione di armi le accuse contestate a vario titolo dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e Francesco Puleio e i sostituti Giuseppe Sturiale, Assunta Musella e Fabio Regolo. L’inchiesta nasce dalla precedente indagine denominata Isola Bella.
Gli uomini del clan
Sotto chiave sono finiti la “Strangi Giuseppe Manuela” di Calatabiano, che gestiva una trattoria a Calatabiano e un’ortofrutta a Giardini Naxos, la Ta.Co. srls relativa al ristorante La viuzza dei sapori di Giardini e la D.I. Giardini Scavi, riconducibili a Cristian Cullurà e con sede a Giardini Naxos.
Il nome del blitz fa riferimento alla tipica trottola siciliana. Durante l’inchiesta i finanzieri hanno infatti pedinato gli indagati impegnati incessantemente a fare la spola tra le varie cittadine delle due province: per gestire le attività spesso intestate a prestanomi, per spartirsi gli affari, per incontrarsi in periodici summit.
Per gli investigatori il giardinese Cullurà è un elemento di spicco dei clan e si occupava della droga, insieme a Gaetano Di Bella, Giuseppe “Castelmola” Raneri e il suoceri Mariano “u biondu” Spinella, nipote del boss Antonio Centorrino, Giuseppe Andò, Carmelo Caminiti, Orazio Di Grazia, Giuseppe Lisi e Francesco Maugeri.
Gli investigatori si sono scontrati con un muro di omertà da parte delle vittime del pizzo
Hanno però potuto ricostruire una serie di estorsioni, che andavano avanti in alcuni casi anche da 20 anni, ad attività commerciali di ristorazione, edile e balneazione, tra Messina e Catania, grazie ai collaboratori di giustizia. Tutti pagavano tra i 3 e i 4 mila euro all’anno, solitamente in corrispondenza delle feste. I proventi servivano a mantenere i detenuti in carcere e le loro famiglie. A Calatabiano e dintorni si concentrava invece lo spaccio di droga. Durante le indagini è stato sequestrato oltre mezzo chilo di cocaina, trovata su una Fiat 600 durante un controllo stradalea Fiumefreddo.