L'attore e regista a confronto con gli studenti di UniMe su “Non sono quello che sono”, in uscita
MESSINA – “Questa è una traduzione integrale dall’inglese all’italiano. L’Otello è ambientato ai giorni nostri ma non è stato riscritto per il film. Il cinema pone domande. Non dà risposte. Come è possibile che un film che parla di un femminicidio e gelosia tossica dopo 420 anni ancora riesce a raccontare il presente?”. L’attore e regista Edoardo Leo ha incontrato oggi pomeriggio gli studenti nell’Aula Magna del Rettorato per raccontare il suo film “Non sono quello che sono”, da lui diretto e interpretato, in uscita in sala il 14 novembre per Vision Distribution. L’incontro, in un dialogo con il docente universitario Fabio Rossi e la giornalista Natalia La Rosa, fa parte del progetto Masterclass tour che precede l’uscita del film in sala e che vede, dal 18 al 30 ottobre, una serie di appuntamenti con gli studenti e le studentesse in alcuni atenei d’Italia.
“Per me Edoardo Leo è un uomo che ha dedicato la sua vita ad affrontare temi complessi e di particolare rilevanza. L’ambientazione di questo film vede Shakespeare in chiave moderna, e dico purtroppo moderna. Qui in Aula c’è la sedia di Posto occupato, simbolo della campagna di sensibilizzazione sociale, virale e gratuita contro la violenza sulle donne a cui la nostra Università ha aderito da tempo” – apre così l’incontro la rettrice, prof.ssa Giovanna Spatari.
L’obiettivo del progetto, attraverso l’analisi e la rilettura cinematografica di “Otello”, è stato quello di trasmettere ai giovani un bagaglio valoriale fondato sul rispetto per la persona attraverso l’inedita trasposizione in dialetto romanesco e napoletano di un grande classico senza tempo. I presenti in Aula Magna hanno potuto esplorare lo stretto legame tra il testo letterario e l’indagine sociologica.
“È sconcertante vedere la partecipazione di pochi uomini”
Un’aula colma di studenti, perlopiù donne. E sottolinea il regista rammaricato: “Io ho parlato molte volte di violenza di genere e mi occupo di questo argomento da tempo. Quando facciamo questo tipo di iniziative c’è il 70% di donne e il 30% di uomini. Dovrebbe essere il contrario, io ho bisogno di parlare agli uomini. Nel 99% dei casi la violenza di genere, maturata nel contesto familiare, avviene nei confronti della donna. Io come artista, come genitore, cerco di fare la mia parte ma a volte è sconcertante vedere la partecipazione di così pochi uomini”.
Continua l’attore di “Perfetti sconosciuti”, la trilogia “Smetto quando voglia”, “Tutta colpa di Freud” e “Noi e la Giulia” (anche da regista): “Dopo 420 anni, su temi come patriarcato e maschilismo non abbiamo fatto passi in avanti. Ed è drammatico. Da quando è iniziato il mio tour universitario, dal 18 ottobre, per presentare il film sono già morte altre quattro donne. Una piaga che chiama in causa tutti. Io reagisco come artista”.
“L’attualità di Shakespeare è più viva che mai”
“Nel suo film è indubbio l’influsso virtuoso esercitato da ‘Che cosa sono le nuvole?’, una rilettura popolare di Pier Paolo Pasolini dell’Otello di Shakespeare. Ci sono alcuni tratti che accomunano il lavoro di Pasolini e quello Leo, primo fra tutti l’esposizione piena del dramma del raggiro, con la chiara sensazione che ci sia un burattinaio a muovere le fila di tutto. Poi ancora, entrambi espongono il tema della rivolta manifestando un vero invito alla ribellione per cambiare delle cose. L’attualità di Shakespeare è più viva che mai e ritrova delle comunanze che uniscono gli autori ed registi che lo hanno trattato a più riprese nel tempo. Molto interessante è anche la scelta di trasporre l’opera in dialetto: una scelta linguistica importante che nulla toglie alla potenza dell’opera” – ha spiegato il professore Fabio Rossi.
Nel corso dell’incontro sono state proiettate in Aula alcune scene di “Non sono quello che sono”.