I ricavi finivano nella cassa comune della mafia barcellonese e servivano a sostentare i carcerati e le loro famiglie
Un nuovo collaboratore di giustizia e le intercettazioni telefoniche hanno consentito allo Sco di Roma e alla Questura di Messina di svelare che, malgrado arresti e sequestri, la famiglia mafiosa barcellonese degli Ofria continuava a gestire le aziende confiscate.
15 gli arresti scattati oggi, 14 in carcere e uno ai domiciliari, insieme al sequestro di armi e droga, trovate dalla Squadra Mobile e dal Commissariato di Barcellona durante le perquisizioni fatte contestualmente al blitz.
L’inchiesta ha riguardato in particolare l’attività legata alla rivendita di auto usate e pezzi di ricambio storicamente in mano agli Ofria. Malgrado la nomina dell’amministratore giudiziario, hanno scoperto gli investigatori, era la famiglia a continuare a gestire in prima persona l’azienda, dalla gestione del personale all’incasso delle compravendite, la maggior parte delle quali gestite in nero.
Nel borsello la cassa del clan
I ricavi finivano nella cassa comune della mafia barcellonese e servivano a sostentare i carcerati e le loro famiglie ed erano raccolti in un borsello nero, vero e proprio, un borsello a cui hanno fatto riferimento negli anni molti collaboratori di giustizia.
Il nuovo pentito dei barcellonesi che ha confermato le accuse è un ex dipendente delle aziende confiscate, anche lui impiegato in nero.
Secondo il procuratore aggiunto Vito Di Giorgio e i sostituti Antonella Fradà, Fabrizio Monaco e Francesco Massara, con la complicità dell’amministratore giudiziario nominato dopo il sequestro del 2011, la famiglia mafiosa teneva totalmente in mano l’impresa. Tanto che quando uno dei dipendenti viene accusato di aver rubato in azienda, sono proprio loro ad attivarsi, costringerlo a dimettersi e imporre alle altre società della zona di non assumerlo.
Gli arrestati sono accusati a vario titolo di estorsione, peculato, trasferimento fraudolento di valori, violazione della pubblica custodia di cose e sottrazione di cose sottoposte a sequestro, commessi con l’aggravante del metodo e della finalità mafiosi, attraverso la gestione illecita. Nell’ottobre scorso la Cassazione aveva annullato la confisca rimandando gli atti ai giudici perché rivalutino in concreto l’accusa di mafiosità per i parenti di Salvatore Ofria.
Un nuovo pentito tra i barcellonesi
Agli atti dell’inchiesta ci sono le dichiarazioni di nuovi e vecchi pentiti. In particolare di Marco Chiofalo, pregiudicato, che dal 2011 al 2013 ha lavorato nelle imprese Ofria, in passato arrestato con Giuseppe Ofria.