L'epidemiologo ambientale ha analizzato anche la Valle del Mela nel suo studio sulla correlazione tra aree inquinate e malattie varie
Di Giuseppe Fontana e Silvia De Domenico
MESSINA – Ambiente, sostenibilità, transizione ecologica. Termini sempre più presenti nel linguaggio comune e, soprattutto, nel dibattito sociale e politico della nostra quotidianità. La salvaguardia del pianeta, dell’ambiente e quindi dell’uomo passa dalla lotta all’inquinamento e dagli studi sulle aree critiche e sul cambiamento climatico. La Sicilia e Messina non sono da meno, come dimostrano i dati inseriti all’interno del volume “Comunicare ambiente e salute – Aree inquinate e cambiamenti climatici in tempi di pandemia”, curato da Liliana Cori, Simona Re, Fabrizio Bianchi, Luca Carra.
Proprio il professore Fabrizio Bianchi, epidemiologo ambientale e già direttore dell’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Pisa, ha illustrato numeri e dati raccolti nel volume durante la giornata di studi promossa dal professore Guido Signorino, ordinario di Economia applicata all’Università di Messina. “La relazione tra ambiente e salute in chi vive in aree inquinate – ha spiegato Bianchi – si complica con l’arrivo della pandemia di Covid 19 perché evidentemente ci si rende conto che i fenomeni non sono separati ma collegati tra loro. Popolazioni più fragili, più esposte a inquinamento, possono essere più a rischio anche rispetto a virus e batteri. Si sapeva già prima della pandemia, ma questa è stata dimostrativa”.
E tra le zone maggiormente studiate per analizzare dati su inquinamento e salute, c’è anche il milazzese e tutta la valle del Mela: “Ci sono alterazioni di stato di salute ormai riconosciute, con elementi abbastanza caratteristici. Nella Valle del Mela e Milazzo, ad esempio, parliamo di malattie della tiroide su cui abbiamo fatto un approfondimento. C’è da capire meglio, però, chi è più esposto e chi meno esposto, perché degli eccessi di malattia e di mortalità prematura è risaputo, è un dato riconosciuto. Si resta col sapore amaro di non sapere fino in fondo quali siano le fasce più colpite. Certamente preservando tutti, specialmente i più fragili, si fa una protezione più efficace”.