Dario, Sofia e Antonio sono solo alcuni degli studenti messinesi che questa mattina hanno manifestato in piazza per il diritto allo studio. Dicono "No" alla didattica a distanza. "La scuola non è fatta di semplici lezioni": ecco la rabbia e la passione che hanno motivato i loro interventi. Servizio di Silvia De Domenico
“La scuola non è fatta di semplici lezioni. Abbiamo 17 e non vogliamo rinunciare ai nostri anni più belli”.
E’ il grido di rabbia e di passione dei rappresentanti degli studenti che oggi sono interventi alla manifestazione in piazza per dire “NO” alla didattica a distanza.
Dario, Sofia e Antonio, rappresentanti di alcuni licei messinesi hanno preso la parola per dimostrare che gli studenti vogliono fare scuola e vogliono farla in presenza. E non perdono la speranza di tornare presto fra quelle mura scolastiche che li hanno resi gli studenti fieri e combattivi che sono oggi.
Servizio di Silvia De Domenico
Dal video si vedono poche decine di persone. E’ un video che alimenta la speranza. La speranza che la maggioranza degli studenti e dei professori di Messina abbia compreso qual è, per adesso, il nemico da combattere.
In altre città, per esempio in quelle nei cui ospedali i rianimatori devono decidere chi intubare e chi no perché non ci sono più posti in terapia intensiva, lo hanno capito.
E’ comprensibile che alcuni ragazzi attribuiscano elevata priorità al ritorno in aula. E questo, escludendo quelli che si sono alimentati con il latte al plutonio (cit. De Luca, ma quello bravo), va a loro onore.
Che Messina – per adesso – è una delle città in cui il contagio sembra sotto controllo rispetto alla disponibilità di supporto sanitario non deve far abbassare la guardia.
Mio padre ha trascorso due anni e mezzo della sua adolescenza da sfollato nelle montagne del Veneto, senza andare un giorno a scuola, durante la seconda guerra mondiale. Le sue esperienze di quel periodo raccontano di spole con le vedette partigiane, di mitragliatrici tedesche a pochi metri, di gelo e fame. Questo non gli ha impedito, finita la guerra, di laurearsi in 4 anni e mezzo al policlinico di Torino, e di vivere una vita da dirigente oltre che di farsi una famiglia e di avere una vita piena. Lascio agli altri qualunque considerazione.
Sono contento di vedere tutti questi studenti protestare perché vogliono andare a scuola. Una volta si protestava bastava un vetro rotto per non entrare a scuola. Adesso che c è questo virus invisibile che s impadronisce del tuo corpo e quando colpisce non lascia scampo. Poi se tutti gli studenti sono gli stessi che non hanno resistito a stazionare i lidi balneari e magari qualcuno partire per qualche meta. Non capisco se sono senza senno i giovani oppure i genitori. Però quando quel famoso gruppo tornó dalla settimana bianca siamo stati i primi a puntare il dito. EVVIVA L INCOERENZA
Vedendo le immagini, ci consola una sola evidenza: erano pochissimi.
La stragrande maggioranza degli studenti e degli insegnanti ha capito che la DAD è una misura purtroppo necessaria (ed in termini di diffusione del contagio ancora non abbiamo visto tutto).