32 anni, Liana Cannata, con delega alle Politiche giovanili, ieri ha voluto incontrare gli "abitanti" di questo spazio e fare loro domande, partendo dal pannello informativo deturpato
MESSINA – Da una parte il Palazzo. Quello delle istituzioni, percepito come lontano, spesso assente rispetto alle istanze delle nuove generazioni. Dall’altra parte, a breve distanza, in pochi scalini che separano Palazzo Zanca da piazza Unione Europea, ragazzi e ragazze che vivono ogni giorno questo spazio.
Un luogo nel quale un pannello informativo sulla storia del Municipio è stato deturpato con uno spray fino a cancellare il testo, sostituito da quelli che i ragazzi chiamano tag. Sigle e codici espressivi utili, secondo il loro punto di vista, al fine di identificarsi, di rendersi riconoscibili l’uno con l’altro. In mezzo, tra i due “mondi”, un’assessora alle Politiche giovanili, Liana Cannata, 32 anni, che ieri sera ha voluto incontrare i giovanissimi abitanti della piazza.
Una piazza che considerano la loro “casa”. Uno spazio in cui “ci sentiamo liberi e non giudicati né dagli adulti né dagli altri ragazzi”, hanno detto i giovani nel confronto, sugli scalini, con la rappresentante della giunta Basile.
Cannata: “Perché non viviamo Messina come se fosse la nostra casa?”
L’assessora Cannata ha voluto scendere i gradini di Palazzo Zanca e incontrare i ragazzi, raccogliendo un invito e un’intuizione dell’assessore alle Politiche culturali Enzo Caruso: “Non voglio incolpare nessuno, né attribuire il gesto a una precisa fascia d’età. Ho deciso però d’incontrare i ragazzi per domandare il loro punto di vista e riflettere insieme su come favorire il senso d’appartenza, in modo che prevalga il rispetto per la nostra città. Il punto di partenza – evidenzia Liana Cannata – è un interrogativo: perché non ci sentiamo parte di una comunità? Perché non viviamo Messina come se fosse la nostra casa? Come se, dai marciapiedi ai pannelli, non dovessimo preoccuparci tutti dell’arredo urbano? Perché non lo consideriamo patrimonio di tutti noi cittadini?”.
L’assessora ha deciso d’incontrare i giovanissimi per “avviare un confronto. Se organizzassi un’iniziativa destinata a loro a Palazzo Zanca non funzionerebbe. L’unica soluzione è fare sentire la mia vicinanza e incontrarli nel loro spazio”. Per Cannata, i giovani non sono vandali ma persone con le quali instaurare “un dialogo, individuando terreni comuni”.
La piazza degli skaters e dei giovani che “qui non si sentono giudicati”
Una parte di piazza Unione Europea è dominata dagli skaters, quasi tutti minorenni. Saltano spavaldi tra gli scalini con lo skateboard e il loro abbigliamento è in sintonia con la loro passione. Un’altra parte della piazza vede un gruppetto di giovani con una dominante in nero nei vestiti. “Ma non chiamateci dark, è una definizione superata. Ci vestiamo come ci va”, dicono.
L’assessora si avvicina ad Adriano, 20 anni, a Giulia, 18, e a Emma, 16, e avvia il dialogo. “Da quasi sette anni vengo qui – racconta Adriano – ed è cambiato moltissimo questo luogo di ritrovo. Prima le scale erano occupate dai punkabbestia. Gli skaters sono arrivati dopo la pandemia”.
Emma spiega all’assessora: “Quelli che sono fuori da questa piazza giudicano un barbone chi la frequenta. Ti etichettano per l’orientamento sessuale o per altre caratteristiche fuori dagli schemi. Al contrario, chi sta qui, dentro la piazza, si sente libero. Ci sono tantissimi gruppi e ci conosciamo quasi tutti tra di noi. Nessuno giudica l’altro. Magari uno porta la palla e trenta persone, senza conoscersi, giocano a schiacciasette. Possiamo mangiare all’aperto e io mi preoccupo di far sì che non rimangano bottiglie o resti di cibo””.
Aggiunge Giulia, con un look che vira verso il nero: “Io mi sento osservata quando esco di casa ma quando sono qui, in piazza, pure io mi sento libera”. A ferire Giulia ed Emma sono i commenti di adulti o coetanei che li provocano, per i loro vestiti, domandando in modo sprezzante: “Ma siamo ad Halloween?”
“Si compiono questi gesti per lasciare un segno”
“L’ho percepito che qui vi sentite a casa. Lo capisco da come vi sedete su uno scalino – dice ai ragazzi l’assessora – o vi appoggiate a una ringhiera. Per questo vorrei sapere: quando imbrattano il pannello qui, in questo vostro mondo, in voi scatta qualcosa? Che ne pensate di questo atto?”.
I tre giovani, mentre altri osservano il colloquio ma preferiscono non intervenire, non giudicano il gesto ma lo collegano al modo di pensare di chi si sente padrone del luogo. Di chi si considera protagonista di uno spazio collettivo dal quale la realtà degli adulti è tenuta fuori.
Così come hanno imbrattato le scale, nella zona del Municipio, così hanno coperto di quelli che chiamano tag, vere e proprie firme per i ragazzi, lo spazio riservato a un excursus storico su Palazzo Zanca.
“A imbrattare il pannello siamo noi e agiamo per noncuranza”
Ribatte Emma, con interventi di Adriano e Giulia: “Ci domandate se dà fastidio a noi giovani che imbrattino un pannello qui: la risposta è no perché siamo noi, non io personalmente, noi, che viviamo ore e ore in questa piazza, ad averlo imbrattato. Per questo non ci dà fastidio. Perché è stato compiuto questo gesto? Forse per lasciare un segno, per mettere la propria firma. I tag stile Instagram, messi da tanti ragazzi sul pannello, ti identificano, fanno sapere chi sei agli altri coetanei. Su quel pannello ci sono tante sigle e, tra di noi, sappiamo chi lo ha scritto. Ci riconosciamo”.
Ma per Emma, alla base, non esiste la necessità di deturpare un pannello. Al contrario, prevale la “noncuranza. Ho la penna in mano, non ci penso e imbratto un monumento. Prevale l’idea che si stia abbellendo un ambiente, con lo spray, anche se non è così”.
Cannata: “Ognuno faccia la sua parte per prendersi cura di Messina”
La proposta dell’assessora Cannata, “proprio perché questo è un luogo in cui i ragazzi si sentono in connessione tra di loro e non giudicati”, è quella di alimentare con loro il dialogo, coinvolgendoli nella cura dello spazio. “Io vi darò la possibilità di esprimere la vostra creatività, tramite l’arte di strada e altre forme artistiche e creative ma, per favore, dateci una mano a cambiare la mentalità di questa città. Ognuno deve fare la propria parte”.
Se Giulia propone di collocare il pannello più vicino al portone di Palazzo Zanca, per sottrarlo agli istinti dei ragazzi, o comunque di usare telecamere e sanzioni, Emma avverte che “a Messina domina l’idea che tutto sia brutto e che prendersi cura del territorio sia inutile”.
Il quattordicenne: “Il gruppo collettivo che ha imbrattato il pannello voleva compiere un atto creativo”
Affiora l’immagine di una città respingente, costruita dagli adulti. Nel gruppo degli skaters, invece, il più sincero è un quattordicenne che ti rivela quasi con candore: “Il pannello? Ora è più bello. I tag sono un elemento creativo e, poi, a cosa serviva quel testo? Tu su Internet puoi avere tutte le notizie che vuoi sulla storia del Municipio”.
Da qui la scelta di tanti ragazzi di riempire di sigle le indicazioni per i turisti, cancellando la rievocazione di pezzi di storia messinese. Un gruppo collettivo e ognuno ha messo la propria firma, come fanno sui social.
Commenta Liana Cannata: “Nel dialogo con il quattordicenne, ho cercato di trasmettere la mia visione. L’idea che non esista solo il loro mondo ma anche quello di chi ha un’età differente ed è legato a questo tipo di linguaggio scritto. Il pannello era nuovo e ha dei costi. Ho cercato di invitare i ragazzi a riflettere insieme, senza barriere tra le istituzioni e il loro mondo. Noi possiamo investire sulla loro creatività ma dobbiamo fare squadra per prenderci cura della nostra città”.
“Vogliamo un Palazzo Zanca e una piazza colorati, nel segno del Pride e della libertà”
Da parte loro, Adriano e Giulia propongono all’assessora un “Palazzo Zanca colorato di luci e una piazza resa vivace da giochi creativi e da tanti colori, immagini, disegni. Intanto vorremmo che si desse attenzione al Pride, prima dell’evento del 23 luglio”.
Da questo punto di vista, Cannata li ha rassicurati: “Palazzo Zanca sarà colorato in vista del Pride e noi faremo la nostra parte come istituzione. Per me, questo è solo l’inizio del confronto con i giovani”. Un ponte di comunicazione da sostituire a muri e barriere culturali.
Iniziativa lodevole. Ma non è certo così che si evitano gli imbrattamenti. Se non sono atti vandalici, sono da considerare opere dʼarte?
min…zica di barzellette…… ma come si fa…………..che bravi ragazzi…….ci mancava puru l’assessora …..ahahahahahahahahah BUDDACILANDIA ….sempre peggio…..le scritte ora diventeranno “opere d’Arte”……saranno i nuovi….”macchiaioli”………..
Dice l’assessore che qualcosa abbiamo sbagliato! Se ne è accorta adesso questa giovane signora? Certo che abbiamo sbagliato e non da oggi! Abbiamo sbagliato a non introdurre l’obbligo scolastico per i ragazzi! Sapete quanti ragazzi a Messina non frequentano la scuola? A proposito della scuola, bisognerebbe introdurre l’educazione cittadina! Il rispetto per la cosa pubblica! Ma a prescidere da questo sarebbe interessante sapere quante sono le famiglie a Messina che vivono di espedienti, che non hanno lavoro, che non stanno dietro i bambini! Tutto questo se lasciato alla deriva forma quello che comunemente viene chiamato “Feccia” e di feccia a Messina ce n’è tantissima! Pertanto il problema è secondo me prevalentemente culturale e formativo!
Perdonatemi, ma troppo perbenismo. Bisogna solo che le famiglie si impegnino di più a spiegare ai loro figli che semplicemente certe cose “non si fanno”. Spiegarne i motivi, ma senza cambiare il concetto. Purtroppo il punto è che l’educazione scarseggia, tutte queste altre sono sostanzialmente chiacchiere.