Parla il comandante Camerota dopo l'operazione della GdF che ha colpito gli investimenti del clan di Provinciale
Non c’è soltanto la pronunzia del tribunale del Riesame che da ragione alla Procura e sancisce l’esistenza del clan Sparacio come famiglia autonoma, che cura i propri affari nella zona di Fondo Pugliatti e non soltanto.
Non c’è soltanto il fatto che le indagini hanno svelato che, pur se intestate alla figlia Stefania, le attività economiche in centro erano comunque gestite dal padre pregiudicato Salvatore Sparacio.
Alla base del sequestro da oltre 1 milioni di euro scattato ieri, infatti, c’è anche la sperequazione tra i redditi dichiarati e quelli posseduti realmente, che hanno convito il giudice di Messina a mettere i sigilli ai beni della famiglia già al centro dell’operazione Provinciale e del “clamoroso” funerale non autorizzato, col corteo in piena pandemia.
Lo spiega nell’intervista il Tenente Colonnello Emanuele Camerota, capo del GICO del Comando provinciale della Guardia di Finanza di Messina, che entra nel dettaglio dei beni sequestrati.
Mi piacerebbe sapere dopo questi bliz che succederà? Sicuramente erano talmente poveri che qualcuno in famiglia prendeva pure il reddito di cittadinanza. Per me fanno solo sceneggiate stato e forze dell’ordine. Io li farei vive come la maggior parte dei comuni mortali, li manderei a lavorare e se non c’è lavoro servizi sociali,o a zappare gli darei un mensile. I beni guadagnati illecitamente, li userei per fare beneficenza, quella vera. Per il funerale chi doveva vedere ha fatto finta di non vedere. Fosse stato una persona per bene, veniva multato. Ma lasciamo perdere.