Intervista al direttore dell'Unità operativa complessa, Antonio Versace: "Nel nostro reparto la degenza media è scesa a 7 giorni. Al Pronto soccorso attesa sotto la media nazionale. Ma ci sono diverse eccellenze..."
di Carmelo Caspanello (riprese e montaggio Silvia De Domenico)
MESSINA – Nel momento in cui le unità specialistiche soffrono la carenza di medici, qual è il ruolo della Medicina interna? E come è cambiata dopo il Covid, anni in cui ha avuto una funzione fondamentale nel contesto della gestione dell’emergenza? Le risposte ci sono state fornite dal direttore dell’Unità operativa complessa dell’Ospedale Papardo di Messina, Antonio Versace.
“Il ruolo è rimasto centrale – ci spiega – perché Medicina interna è un reparto ad alta complessità, che si occupa di pazienti affetti da più patologie concomitanti, spesso anziani e fragili. Purtroppo registriamo la carenza di medici ultraspecialisti, a causa della situazione creatasi durante gli anni di Covid. Inoltre alcune scuole di specializzazione non hanno Messina capofila. Abbiamo specializzazioni con capofila Catania e Palermo, di conseguenza arrivano pochi specializzandi e riusciamo a formare pochi specialisti. Alcune discipline soffrono la carenza dei medici. La Medicina interna, che si è comunque adeguata a un nuovo metodo di fare assistenza, in questo momento diventa il centro del ricovero ospedaliero del paziente complesso, ad alta intensità di cura”.
Carenza di medici. Il discorso va da sé verso la direzione del coefficiente medico-paziente. Per quanto riguarda Medicina interna forse c’è da lavorare, anche nel reparto che dirige. Per farci capire, quanti medici abbiamo per ogni paziente?
“C’è da lavorare parecchio, sì. Noi ci siamo confrontati più volte come Fadoi, la Federazione delle associazioni dei dirigenti ospedalieri internisti. Ci siamo confrontati più volte anche in Regione. Ma questo è un problema nazionale, in quanto i coefficienti vengono dati dal ministero. La Medicina interna in questo momento ha un coefficiente di 0,26 medici per posto letto (un medico su quattro pazienti), che sono pochi. Le malattie infettive durante l’emergenza hanno avuto riconoscimenti, secondo me anche improntamenti: il Covid l’abbiamo fatto la Medicina interna, Pneumologia, Malattie infettive. Alla fine, noi e Pneumologia siamo rimasti con il coefficiente che c’era prima della pandemia mentre Malattie infettive si ritrova con un coefficiente molto più alto, uno medico su due pazienti. Da noi il rapporto ideale sarebbe almeno un medico ogni due pazienti. Ma anche 0, 8 direi, che ci porterebbe ad avere i numeri delle Terapie sub intensive. Di questo stiamo discutendo tantissimo in Regione, dove è stata presentata una interrogazione parlamentare. In questo momento l’unica specialità che continua a dare medici, soprattutto al territorio, è proprio la Medicina interna. Che riesce ad essere ancora molto attrattiva. Se nello specifico analizziamo la provincia di Messina, notiamo un vulnus incredibile. I medici dei presidi più lontani che sono Mistretta, Sant’Agata Militello, Patti, Barcellona, Milazzo, Lipari e Taormina, forse insieme non fanno un reparto in quanto sul territorio mancano molti medici. Abbiamo proposto come per tutte le altre discipline ad alte intensità quale la cardiologia e la neurologia, di poter fare gli ‘Hub and spoke’, punti ospedalieri centralizzati dove c’è tutto e si può gestire il paziente ad alta complessità. Dove, cioè, il paziente si gestisce nella prima fase in Pronto soccorso e poi si porta all’ospedale Hub dove viene trattato per come merita”.
Parliamo di Pronto soccorso. Ogni giorno le cronache parlano di attese estenuanti. Non sembra il caso del Papardo. I dati che abbiamo raccolto sono positivi…
“Noi siamo molto contenti del Papardo di oggi. Devo dire che il commissario Alberto Firenze e la direzione generale, quella amministrativa, l’avvocato Niutta, il dottore Trimarchi, sono riusciti a rilanciare l’ospedale grazie all’esperienza sanitaria oltre che manageriale del professor Firenze, un medico che è nato nella medicina e che quindi sa di cosa ha bisogno un presidio come questo. Il commissario è riuscito a toccare i punti giusti. Quest’anno, per fare un esempio, siamo balzati agli onori della cronaca proprio perché il nostro Pronto soccorso, diretto dal dottore Parducci, ha dei tempi di attesa al di sotto della media nazionale. Significa che il paziente arriva, gli viene fatta la diagnosi e viene trasferito subito in Medicina. Reparto che lascia circa cinque posti letto al giorno per il Pronto soccorso. Parliamo di qualcosa che in Italia, al momento, è abbastanza improbabile. Se andiamo a guardare il Cardarelli, il Sant’Andrea o Le Molinette, dove ci sono tempi d’attesa di 3 giorni per ricoverare un paziente, possiamo dire di essere un’eccellenza”.
Adesso al Papardo parte anche un corso di laurea in Medicina, il secondo della città. Sicuramente servirà a dare una spinta in più a questo presidio sanitario in prospettiva. Lei il futuro come lo vede?
“Innanzitutto va detto che ai vertici si sta lavorando per riportare il Papardo ai livelli che merita. Abbiamo tante eccellenze: cardiochirurgia, neurochirurgia, dermatologia, chirurgia toracica, radiologia interventistica, cardiologia interventistica, endoscopia con particolare attenzione alla diagnostica delle vie biliari e l’ecoendoscopia. Purtroppo la pneumologia soffre della carenza di medici, tuttavia è stato e rimane un ottimo reparto. Non vorrei dimenticare nessuno. Mi sento di dire che in questo momento il Papardo risponde ad uno standard di richiesta di assistenza sanitaria, a Messina, forse un po’ più alto rispetto a quello degli altri ospedali. Ricordiamoci che a Messina abbiamo tre ospedali, dove quello che sorge al centro della città, il Piemonte, ha pochi posti letto per poter gestire le emergenze e tanti pazienti che arrivano in Pronto soccorso devono trovare posto al Policlinico o al Papardo”.
Tornando all’Unità che dirige, i numeri sono positivi…
“Sì, lo si evince leggendo i dati dell’ultimo quadrimestre: siamo scesi ad una degenza media di 7 giorni, al di sotto della media nazionale che è di dieci giorni. Abbiamo un turnover importante per poter dare spazio ai pazienti che arrivano al Pronto soccorso, per lo più anziani, anche per la presenza di Case di cura che sorgono nella zona. Ma pure pazienti che arrivano dalla provincia. Abbiamo personale qualificato e preparato, che viene dalla terapia sub intensiva Covid del Policlinico, in grado di gestire pazienti di alta complessità. E ciò è una garanzia per il cittadino”.
Mi piacerebbe conoscere dal Prof. Versaci i macronumeri dei ricoveri Covid dell’UOC di Medicina Interna del Papardo nel periodo pandemico Covid.