30 anni dopo le retate e malgrado la rigenerazione urbana, secondo don Sergio le famiglie del Cep sono ancora sole. E la parrocchia anche
MESSINA – Non è semplice raccontare alcuni quartieri di Messina, come di tutte le città, senza ricorrere ai luoghi comuni e abusare del termine “contraddizione”. Padre Sergio Siracusano invece ci riesce benissimo. Con la semplicità di chi ogni giorno apre la sua parrocchia alla comunità e accanto ad ognuno di loro vive, dopo essersi dato il tempo di conoscerli bene, e insieme ad ognuno di loro prova a costruire.
E senza mezzi termini. E’ così che il parroco della Sacra Famiglia spiega perché, a 30 anni dalle retate delle forze dell’Ordine e malgrado la rigenerazione urbana, quella sociale non è mai avvenuta e al Cep c’è ancora tanto da fare. Nell’intervista di Silvia De Domenico e Alessandra Serio, don Sergio torna a invocare una alleanza per le periferie tra terzo settore, istituzioni, attori sociali. Un monito importante, quello che arriva dal Cep, nei mesi in cui la città è impegnata nel risanamento di altri quartieri delicati, da Fondo Fucile a Camaro sottomontagna.
Un esempio di come il risanamento è destinato a fallire se non accompagnato da una rete di sostegno, come ha sottolineato anche Clelia Marano qualche tempo fa proprio al Cep, quando vi ha fatto tappa la commissione regionale antimafia.
Il viaggio al Cep, dopo l’exploit dell’ex boss Iano Ferrara che di qui è originario, comincia proprio da questa parrocchia che quando Don Sergio è arrivato era praticamente “blindata”, oggi invece è aperta al quartiere giorno e notte e tenta, insieme alla scuola, di frenare la dispersione scolastica e gli effetti della diffusione della droga.
Le retate non bastano, spiega in sostanza don Sergio, e neppure le infrastrutture e le aree verdi se poi le famiglie restano comunque abbandonate a se stesse, alle difficoltà ed alla disoccupazione, se lo Stato di fatto non c’è. Così, al Cep le ronde delle forze dell’Ordine sono puntuali, il quartiere è pulito, ma anche la stessa parrocchia è sola, e più volte ha lanciato l’appello perché si formi una rete stabile che metta insieme, ogni giorno, terzo settore e istituzioni. Per dare risposte vere, e non palliativi.
Un esempio per tutti: la pista di pattinaggio. Una struttura realizzata e pensata per il quartiere ma nei fatti di difficile accesso alle famiglie meno abbienti, che sono la maggioranza nel quartiere.
👏👏👏👏👏👏👏👏👏a questo prete per il coraggio con cui si è espresso senza eludere nessuna delle domande della bravissima giornalista……tra l’altro da ammirare il fatto che lasci la parrocchia aperta senza fare “ostruzionismo” a chiunque voglia usufruirne, ….. la sua disponibiltà verso chiunque ,definendosi il padre di tutti lo rende DAVVERO AMMIREVOLE perché spesso i preti si limitano solo a dire messa ,senza entrare nelle problematiche dei quartieri in cui si ritrovano nel loro mandato religioso .